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domenica 22 marzo 2020

Flatlandia, un racconto piatto di Edwin A. Abbott

Flatlandia a una lettura di cento anni dopo

Edwin Abbott Abbott è stato un teologo inglese, per più di venti anni rettore della City of London School, e, di tutto quello che ha scritto, oggi è ricordato per una storiella pubblicata in anonimato nel 1882 e rimasta anonima fino a quando Albert Einstein non ha elaborato la teoria della relatività agli inizi del XX secolo.
La storia di Abbott Abbott intitolata Flatlandia si intreccia con le scoperte di Albert Einstein perché anticipa l'esistenza della quarta dimensione: il tempo. Detta così pare quasi che il teologo inglese, per sua stessa ammissione totalmente a digiuno di matematica e di fisica, sia stato chissà quale mente geniale e brillante e magari è così, ma personalmente non ho avuto questa impressione. Vale la pena precisare che nel racconto fantastico non si fa esplicitamente riferimento al tempo come quarta dimensione, ma esso è inevitabilmente presente anche nel mondo di Flatlandia che quindi gode di almeno tre dimensioni e non solamente due, come viene affermato in tutto l'arco narrativo del racconto. Flatlandia ha quindi tre dimensioni e lo scrittore, per bocca del protagonista e voce narrante, arriva ad immaginare l'esistenza di una quarta dimensione senza specificarne la natura dopo uno stravolgente viaggio in Spacelandia, il mondo a quattro dimensioni, inclusa la dimensione del tempo. Personalmente sono rimasto molto più colpito dal terzo paradosso di Zenone circa la freccia scoccata che rimane immobile in ogni attimo di tempo, in cui effettivamente viene anticipata la scoperta del tempo quale quarta dimensione, duemila anni prima di Einstein.


La casa bidimensionale abitata dal quadrato protagonista di Flatlandia

Tornando all'opera di Abbott Abbott, l'intuizione dello scrittore circa la quarta dimensione è arrivata immaginando un modo bidimensionale abitato da forme geometriche senzienti del tutto piatte che fra di loro devono tastarsi o ascoltarsi per potersi riconoscere, perché quello che vedono dalla loro prospettiva quando incontrano un loro simile non è altro che una linea retta lucente. Solo i più esperti ed istruiti fra di loro sono in grado di riconoscersi a vista.
Le forme geometriche, tanto per cambiare, vivono in una società fortemente classista e sessista con due grandi differenze che la distinguono dalla nostra società: prima di tutto il classismo nella società di Flatlandia ha una giustificazione naturale che non vi sto qui a spiegare ma che Abbott Abbott ha cura di spiegare bene; la seconda differenza è la totale avversione per la ricerca e l'innovazione scientifica. La società di Flatlandia è estremamente ottusa e conservatrice e qualsiasi scoperta o teoria che possa anche solo lontanamente minacciare l'ordine esistente delle cose spesso comporta la pena di morte per chi la sostiene. Persino la diffusione dei colori ha costretto l'oligarchia al potere ad una brutale repressione.
Flatlandia è, quindi, un mondo ideale solo dal punto di vista geometrico che per essere sconvolto necessita di un fattore esogeno. Tale fattore rivoluzionario ciclicamente si ripete, nel suo fallimento, con l'avvento di una sfera nel mondo piatto che tenta di divulgare il vangelo delle tre dimensioni...
Ed è su questo punto che esprimo la mia seconda critica all'opera: in realtà da un punto di vista politico non c'è motivo per cui l'oligarchia al potere in Flatlandia debba temere la scoperta della terza dimensione, perché le motivazioni naturali alla base del classismo nella società di Flatlandia, per come sono state spiegate dall'autore, rimarrebbero comunque valide e perfettamente in grado di giustificare il mantenimento dello stato di cose presenti. La consapevolezza dell'esistenza dell'altro mondo, quello di Spacelandia, non potrebbe comunque portare ad uno stravolgimento politico all'interno della società di Flatlandia. La sensazione che ho avuto è semplicemente paura della scoperta in quanto tale e non per le conseguenze che essa possa avere sulla piatta società delle forme geometriche. Pur volendo dare una motivazione religiosa alla resistenza nei confronti della terza dimensione, come lo scrittore lascia intendere, quello che conta è chi detiene il potere e perché, e se è vero che i cerchi perfetti per natura comandano sulle altre forme geometriche, tanto più stupide e incapaci di organizzarsi quanto più sono irregolari e povere di lati, essi continueranno a comandare indipendentemente da quello che dice la religione.
In sostanza, dal mio punto di vista, l'opera di Abbott Abbott era interessante nell'epoca in cui è stata scritta e rimane confinata a quell'epoca di cui quasi sicuramente è una critica. Certamente non riflette la nostra società come ho letto in giro perché, oltre al fatto che classismo e sessismo oggi non trovano giustificazione naturale, fortunatamente nel XX secolo l'umanità ha dimostrato di essere aperta all'esistenza di altre dimensioni oltre a quelle che abbiamo sotto gli occhi, fino ad arrivare ad ipotizzare almeno una dozzina di dimensioni, se si pensa alla teoria delle stringhe. In parole povere non c'è un atteggiamento negativo nei confronti della scoperta e dell'innovazione che si tende a mettere al servizio del potere.
Nel complesso Flatlandia è certamente una storia originale, ma, ad esser sinceri, non l'ho trovata particolarmente stimolante o geniale, forse perché sono un lettore del XXI secolo. La sensazione che mi è rimasta a fine libro è quella di aver letto niente di più che una divertente storiella.

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