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giovedì 31 marzo 2022

Modus operandi della borghesia nelle sue ascese - Dalla tesi "Democrazia e capitalismo"

 

Borghesia (R. Cortés, 1855)
 

Al di là delle diverse interpretazioni, la democrazia può essere definita un processo decisionale collettivo che arriva a coinvolgere un numero illimitato di individui. Citando Luigi Curini1: «... rispetto ad una concezione della democrazia caratterizzata dalla sola “forza dei numeri”, viene sottolineato il ruolo della discussione con l’obbiettivo di arrivare ad un consenso. L’idea habermasiana di ragione comunicativa suggerisce infatti l’immagine di un processo deliberativo comune, in cui le conclusioni sono raggiunte attraverso la scambio di ragioni pro e contro in assenza di coercizione (Habermas, 1996)».
Nell’ambito del processo critico di codificazione del sistema democratico ad incidere non sono solo i singoli individui, ma i gruppi di individui nella tensione dinamica tra i rapporti sociali e le conquiste democratiche via via registrate da una collettività.
D’altronde l’evidenza dell’indissolubilità del nesso democrazia/rapporti sociali emerge fin dal primo famoso manifesto ideologico della democrazia antica, cioè il celebre discorso funebre di Pericle in commemorazione dei caduti del primo anno della guerra contro Sparta che Tucidide riporta nel II libro della Guerra del Peloponneso:


«Abbiamo una costituzione che non emula le leggi dei vicini, in quanto noi siamo più d’esempio ad altri che imitatori. E poiché essa è retta in modo che i diritti civili spettino non a poche persone, ma alla maggioranza, essa è chiamata democrazia: di fronte alle leggi, per quanto riguarda gli interessi privati, a tutti spetta un piano di parità, mentre per quanto riguarda la considerazione pubblica nell’amministrazione dello Stato, ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale più che per quello che vale. E per quanto riguarda la povertà, se uno può fare qualcosa di buono alla città, non ne è impedito dall’oscurità del suo rango
sociale».

In nuce troviamo in questo testo nodi concettuali della problematica oggetto di studio. Il discorso di Tucidide, riferito come è noto alla democrazia diretta, contiene gli elementi base della democrazia:

  • la tendenza ad universalizzare i diritti civili, semplicemente perché quando gli individui di una società partecipano alla pari ad una qualsiasi scelta che comporti un’espansione di diritti, il singolo per garantire in primis a se stesso la possibilità di fruirne, accetterà che essi vengano estesi a tutta la collettività secondo il principio di uguaglianza; 
  • l’esistenza delle classi sociali che in linea di principio verrebbero “neutralizzate” o baipassate dal sistema democratico, consentendo anche agli appartenenti ai ceti più umili la possibilità di rivestire cariche pubbliche prestigiose purché dotati di idonee capacità.

Quello che risulta almeno in teoria abbastanza semplice nella democrazia diretta, diventa molto più complesso nella democrazia rappresentativa, in cui i rapporti sociali hanno un peso, se possibile, ancora più determinante, come si può rilevare ripercorrendo le tappe fondamentali del lungo processo di democratizzazione che percorre la storia dei Paesi occidentali.
Un discorso di questo tipo rende quasi obbligata per lo sviluppo della tematica l’ottica eurocentrica se non italocentrica, culturalmente vicine a chi scrive, considerate le non poche difficoltà nel voler tenere presenti anche percorsi seguiti da civiltà più lontane.
In questo contesto le faticose conquiste delle democrazie occidentali si accompagnano il più delle volte alle conquiste stesse della borghesia o popolo grasso o terzo stato o ceto medio, secondo gli appellativi che le sono stati attribuiti nel tempo.
Lo riconoscono, senza giri di parole, nonostante le dure critiche che le rivolgono, Marx e Engels nel “Manifesto del partito comunista”:
«Ciascuno di questi gradi di sviluppo della borghesia è accompagnato da un corrispondente sviluppo politico. Ceto oppresso sotto il dominio dei signori feudali, associazione armata e autonoma nel Comune, qui repubblica municipale indipendente, lì terzo stato tributario della monarchia, poi all’epoca della manifattura, nella monarchia controllata degli stati o in quella assoluta contrappeso alla nobiltà ed elemento basilare delle grandi monarchie in genere, la borghesia infine, una volta sorti la grande industria e il mercato mondiale, ha raggiunto il dominio politico esclusivo nello Stato rappresentativo moderno. Il potere politico moderno è solo un comitato che amministra gli affari comuni dell’intera classe borghese. Nella storia la borghesia ha ricoperto un ruolo estremamente rivoluzionario».
Non si può disconoscere né sminuire, infatti, da qualsiasi punto di vista ci si ponga, il ruolo svolto dalla borghesia di guida alla modernizzazione sia economica che politica nei vari assetti che la società è andata assumendo nel corso dei secoli, dal famoso risveglio dell’anno Mille in poi.
Il primo ad accorgersene, troppo tardi di sicuro, fu il sistema feudale, incontrastato nei secoli dell’Alto Medioevo nella sua rigidità gerarchica che vedeva da una parte le masse dei lavoratori manuali, dei contadini e dei servi e dall’altra la nobiltà e il clero, titolari di privilegi sanzionati dalla legge. Lo mina dalle fondamenta la borghesia, dal latino burgensis, termine non a caso comparso la prima volta nell’XI secolo ad indicare chi non abitava nel castello del feudatario ma nel borgo, piccolo centro sorto fuori delle mura del castello dove si svolgevano liberi mestieri commerciali, manuali o intellettuali che costituivano le attività di questo nuovo ceto, intermedio tra la nobiltà e il clero da un lato e i ceti popolari dall’altro. I cardini del mondo feudale – il maniero, il villaggio, il monastero, l’alleanza clero/nobiltà, il vassallaggio, il mito della cavalleria, i servi della gleba, l’autosufficienza economica – furono smantellati dal processo di mobilità sociale che sostituì i rigidi legami precedenti, dall’intensificarsi delle vie di comunicazione e dall’incontro con nuove realtà. Quello che si intende mettere in luce in questo lavoro è il modus operandi adottato fin dai primordi dalla borghesia per la sua ascesa ai posti di potere, con topoi2 che si ripetono nelle fasi storiche che andremo considerando e che gettano luce sul presente.

1 Luigi Curini, Sulla democrazia deliberativa: giochi, preferenze, consenso, Working Papers del Dipartimento di Studi Sociali e Politici, Università degli studi di Milano, 2003, p. 2.

2 Ved. Vocabolario on line Treccani: tòpos s. m. [traslitt. del gr. τόπος «luogo»] (pl. tòpoi, gr. τ ποι). – 1. ὸLuogo comune, motivo ricorrente, in un’opera, nella tematica di un autore o di un’epoca, e sim. (significato, questo, che il linguaggio critico contemporaneo assume dalla retorica greca antica). 2. In matematica, nome dato a particolari categorie, introdotte per la prima volta in questioni di topologia algebrica e di logica matematica. - http://www.treccani.it/vocabolario/topos/ 

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