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venerdì 5 giugno 2020

Delibera provinciale sui comuni saturi: Battipaglia salva, ma solo per un errore di calcolo


Premessa

Oggi, 5 giugno, si celebra la giornata mondiale dell'Ambiente a cui dedico questo lavoro.
Tenere ben aperti occhi e orecchi per quanto riguarda le questioni ambientali è un diritto-dovere di tutti i cittadini, specialmente oggi, in cui c’è una diffusa consapevolezza di essere sull’orlo di una catastrofe ambientale dalle conseguenze inimmaginabili.
Per questo, a differenza di quanto avveniva prima della legge sulla trasparenza, non è passata inosservata la delibera della Provincia di Salerno numero 20 del 25/05/2020, avente ad oggetto «Individuazione delle aree non idonee alla localizzazione di impianti di trattamento dei rifiuti per effetto del raggiungimento del livello di saturazione. Relazione per la determinazione dei criteri. Classificazione territori saturi».
In questo lavoro si riportano alcune considerazioni inedite che immagino daranno molto fastidio a qualcuno.
L’obiettivo dichiarato della delibera è quello di arrivare ad individuare zone idonee e non idonee alla localizzazione di nuovi impianti di rifiuti. Per fare questo lo studio tecnico ha elaborato una formula matematica utilizzando taluni indici.

Spiegazione della formula matematica utilizzata dalla provincia

La “complessa”, in realtà fin troppo semplice e scarna, formula matematica utilizzata si può spiegare nei seguenti punti:
  1. sono stati presi in esame solo 4 tipologie di rifiuti “odorigeni” a cui è stato attribuito un indice di parametrizzazione da α1 ad α4 che, in parole semplici, non è altro che un indice sull'impatto odorigeno dei rifiuti trattabili per ogni tipologia (il 20% della plastica, il 40% del multimateriale e il 100% di fanghi, rifiuti liquidi e indifferenziato);
  2. sono stati calcolati i quantitativi autorizzati al trattamento per ciascun impianto (Qi);
  3. tali valori sono stati moltiplicati per l’“indice di parametrizzazione” ottenendo la quantità di rifiuti parametrizzati per il singolo impianto (Qj);
  4. dividendo tale risultato per la superficie del comune, si ottiene l’indice di conferimento per il singolo comune (Ic);
  5. si calcola la media sia di Qj sia di Ic per i comuni presi in considerazione in tabella, escludendo i due valori più alti (Battipaglia e Sarno) e i due più bassi (Eboli e Altavilla Silentina) e si moltiplicano le due medie per 5, ottenendo così la soglia massima di rifiuti, oltre la quale un comune è da considerarsi saturo, denominata Livello di Saturazione Territoriale.

Il risultato finale mostra che Battipaglia e Sarno sono comuni che hanno raggiunto e superato la soglia di saturazione.

Errori di calcolo

Purtroppo non è così. È solo grazie ad un macroscopico errore di calcolo che Battipaglia è salva. Rifacendo le operazioni con un po’ di attenzione secondo le indicazioni contenute nella delibera si scopre che la media delle tonnellate di rifiuti annue trattate dagli impianti presi in considerazione (Qj medio) è di 163.725,59 t e non di 134.475,50 t e che la media degli indici di conferimento (IC medio) per singoli comuni è di 5.951,44 t e non 4.959,53 t, come pubblicato sulla delibera.
L’errore in cui gli autori del calcolo sono caduti è stato quello di dividere la somma di tutte le tonnellate dei rifiuti parametrizzate e degli indici di conferimento per 24 e non per 20 comuni, come deve essere dal momento che dalla somma per la media sono stati esclusi i 4 comuni dell’elenco con i valori più estremi (i primi due e gli ultimi due).
I due nuovi valori corretti, moltiplicati per cinque, alzano l’asta della soglia di saturazione a ben 818.627,95 t di rifiuti annue (Qjmax) e la soglia di conferimento a ben 29.757,2 t (Icmax).
Battipaglia risulterebbe satura‬ per la quantità dei rifiuti, ma non per l’indice di conferimento al singolo comune!
La “complessa” formula matematica presenta più che una falla, un enorme squarcio, una contraddizione che la rende del tutto inutilizzabile per il fine politico per il quale era stata pensata.
Possibile che i responsabili dei calcoli non si siano preoccupati nemmeno di ricontrollarli, buttandoli in una delibera provinciale come cose da niente? Possibile che nessuno in Commissione abbia avuto modo di controllarli prima che la delibera venisse approvata? Ma dov’è il rispetto per la dignità delle istituzioni e per la cittadinanza tutta? In che mani siamo?
Questa non è una delibera sui marciapiedi da sistemare o sui buchi della strada da chiudere. La gestione dei rifiuti è il problema del secolo ed è inaudito che l’approccio sia così approssimativo e superficiale. Stiamo parlando di un documento che condizionerà nel prossimo futuro la vita di centinaia di migliaia di persone in tutta la provincia!

Errori di metodo

L’errore di calcolo purtroppo è solo una quisquilia rispetto agli errori di metodo nell’individuare i parametri e costruire la formula.
Procediamo con ordine.
  1. La delibera riporta uno studio sulla distribuzione degli impianti per abitanti residenti, ma poi tale dato è stato ignorato nella creazione della formula. Eppure è la popolazione che insieme al territorio subisce gli effetti nefasti dei rifiuti. Il diritto alla salute, bisogna ricordarlo, è un diritto costituzionale inalienabile! Più che limitarsi a riportare il numero di abitanti per ogni impianto, sarebbe stato preferibile calcolare il rapporto tra quantità di rifiuti trattati e numero di abitanti.
  2. Nel Catalogo europeo dei rifiuti le macrocategorie sono venti. Nella delibera ne sono state individuate quindici, ma poi si è operata una drastica semplificazione delle tipologie odorigene a quattro, con i relativi indici di parametrizzazione.
    Le altre macrocategorie di rifiuti scartate perché non odorigene non sono meno inquinanti di quelle considerate.                                                                                    
  3. Per quale motivo i valori medi sono poi stati moltiplicati per il fattore 5, al fine di determinare la soglia massima, definita “livello di saturazione territoriale”? La risposta ovvia è che un più basso fattore avrebbe aumentato il numero dei comuni saturi e un fattore più alto avrebbe escluso anche i due comuni che ora risultano saturi.
    Ma non ci si è resi conto delle ricadute di tale formula a medio e a lungo termine.
    Se ne ricorda una fondamentale: la soglia massima così definita non solo consente, nel presente, di riempire di impianti i comuni che sono sotto questa soglia, allargando il disastro, anziché contenerlo, e diffondendo le criticità anche laddove non esistono, ma consente nel futuro di elevare l’asticella della soglia massima (man mano che la media moltiplicata per 5 si alza) arrivando ad una situazione di non ritorno.
  4. Non è stato definito qual è il limite di carico di rifiuti tollerabili per un territorio in correlazione alla popolazione; non è stato fatto riferimento alcuno alla percentuale di rilascio di sostanze nocive per l’ambiente derivanti dal trattamento dei rifiuti, indipendentemente dalla loro definizione di odorabilità.
  5. Vista la centralità assunta nella delibera dall’impatto odorigeno degli impianti, perché non introdurre un sistema di monitoraggio dei disturbi olfattivi e delle prescrizioni per la loro riduzione (ad esempio non rinnovando le autorizzazioni in scadenza), specie quando ci si ritrova a dover subire le molestie dei miasmi per molti mesi all’anno, come nel caso di Battipaglia? Sarebbe stata l’occasione buona per avviare a soluzione il problema del fetore che a Battipaglia è andato ben oltre la soglia di contestazione.
  6. Non sono state individuate le fragilità ambientali specifiche dei singoli territori (quali il dissesto idrogeologico, la qualità dell’aria, l’incidenza dei tumori) di cui tener conto per non aggiungere danno al danno.
  7. Non sono state indicate le potenzialità da non distruggere (la vocazione agro-alimentare e turistica di un territorio, ad esempio).

Una formula matematica per distruggere l’ambiente

Per come è congegnata la delibera provinciale, una volta appurato che uno o più comuni sono sopra la soglia di saturazione, invece di intervenire per ridurre l’autorizzato e farlo rientrare nei limiti, la soluzione trovata dalla provincia è quella di elevare la soglia di saturazione andando a riempire di rifiuti gli altri comuni. Una volta alzata la soglia di saturazione, anche i comuni che prima erano saturi ritorneranno ad essere non più saturi. Si tratta di un paradosso ancora più assurdo se si considera che viene richiamato il Codice dell’Ambiente per legittimare questo disegno di trasformare mezza provincia in una fogna a cielo aperto.
Alla luce di quanto detto il punto di vista adottato nella delibera è piuttosto chiaro: la nostra classe dirigente non si è posto l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente, ma semplicemente quello di creare le condizioni normative tali da giustificare le future autorizzazioni di impianti a favore dell’industria dei rifiuti, vanificando possibili opposizioni e rivolte della popolazione.
Il fatto di aver fissato come parametri di riferimento solo l’indice di trattabilità dei rifiuti dal punto di vista odorifero e la superficie comunale fa capire che l’interesse prioritario è quello di determinare quanti rifiuti è possibile caricare su un certo territorio.
L’ottica è quella economico-industriale, non quella ambientale.
Assistiamo al fallimento di un’intera classe dirigente che viene meno alle finalità istituzionali per cui ha ragione di esistere, e cioè dare delle direttive in modo da salvaguardare i diritti del territorio e della popolazione a cui devono sottostare le imprese, e non l’esatto contrario: con questa delibera è il territorio a sottostare alle imprese! È il classico esempio capitalistico dell’ambiente al servizio dell’economia e non dell’economia al servizio dell’ambiente.
Dire che questa classe dirigente non ama la propria terra né ama la propria gente è riduttivo.
La verità più agghiacciante è che non esistono né i presupposti culturali né quelli politici per affrontare la problematica dei rifiuti secondo quella sensibilità e competenza che si sono già fatte strada nelle direttive europee, ma che in Campania e in particolare in questa provincia sono sotto zero.
Dispiace dirlo, ma questa delibera, a parte l’ambizione di voler “individuare, per la prima volta in Italia, un indice di saturazione” dando un contentino provvisorio a Battipaglia e Sarno, è tutta da rifare.

Un’ultima osservazione

Stando ai dati riportati dalla delibera, la “lungimiranza” e l’“equità” delle scelte politiche passate hanno avuto il risultato assurdo che è sotto gli occhi di tutti: limitando il discorso, come nella relazione tecnica, al solo impatto odorifero, quasi la metà dei rifiuti trattabili autorizzati provinciali (il 46%) insiste su un decimo del territorio costituito dai comuni presi in esame.
Su un totale di 982,55 km2 dei 24 comuni in elenco, infatti, Battipaglia e Sarno occupano solo 96,85 km2, equivalenti appunto ad 1/10 del territorio.
Se invece prendiamo in considerazione l’intera provincia di Salerno con una superficie di 4.954,16 km2, scopriamo che sul 2% del territorio provinciale (quello appunto di Battipaglia e Sarno) si è autorizzato a trattare il 46% dei rifiuti considerati.
Battipaglia e Sarno sono contente di questa delibera che sembra rendere loro giustizia, anche se Battipaglia si salva solo per un errore di calcolo. In realtà hanno ben poco di che essere contente, non solo per la situazione sopra riportata, ma perché (come fatto notare dall'associazione Cives et Civitas) nella delibera viene chiaramente detto che si possono autorizzare futuri impianti a soli 200 metri dai loro confini, come dire quasi in casa loro, vista la vicinanza tra i vari centri abitati.
Questa delibera è una trappola per topi che prepara una catastrofe senza pari.

Angelo Minelli

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