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martedì 24 dicembre 2019

Francesi e Cileni stanno lottando anche per noi


Il presepe di casa Minelli
Sulla pagina Facebook di Ebbro è Bello continuerò a postare ma, dal momento che questo sarà l'ultimo post del 2019 sul blog, ne approfitto per augurarvi buon Natale e felice anno nuovo.
Il mio buon proposito per il 2020 è di continuare ad essere ebbro, mescolando nella fucina della mente la letteratura, la politica, l’economia con qualche vaga percezione dell’arte e della musica. Battipaglia è una piccola città con grandi problemi; sicuramente un buon proposito più specifico potrebbe essere quantomeno sviscerare questi problemi, tra un post e l'altro di Ebbro è Bello su tutt'altre questioni, come quello di oggi...
Il mio augurio è che ciascuno di voi trovi qualcosa per cui lottare.

Parigi come Santiago

Si parla spesso degli scioperi francesi e delle sommosse che attraversano Parigi, ma sui canali tradizionali di informazione è difficile trovare un quadro chiaro di cosa stia succedendo, perché quello che fa notizia è lo sciopero in sé più che le motivazioni della protesta. Proprio ieri sui canali Mediaset ho visto un servizio in cui si intervistavano i Francesi con domande che mettevano al centro dell'attenzione i disagi causati dallo sciopero più che le motivazioni dello sciopero. Io stesso spesso per tagliare corto faccio riferimento all'accisa sulla benzina e alla riforma delle pensioni che sono i due argomenti di facciata della mobilitazione dei gilet gialli.
Banalmente, potrei dire che così come in Francia da mesi stanno mettendo a ferro e a fuoco Parigi per l'aumento dell'età pensionabile e le accise sulla benzina, in Cile da mesi stanno mettendo a ferro e a fuoco Santiago per l'aumento del 4% del prezzo della metropolitana.
Ma non è semplicemente questo.
È più preciso dire che, secondo l'ISTAT francese, in Francia 9 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà e che il numero dei lavoratori poveri sta aumentando mentre il loro tenore di vita peggiora.
È più preciso dire che il 20,8% degli studenti universitari francesi vive sotto la soglia di povertà. Il 37,5% degli studenti poveri non riceve una borsa di studio sufficiente alla sopravvivenza, tanto che molti studenti dichiarano di saltare alcuni pasti e il 13,5% ha rinunciato a vedere un medico per motivi economici. Nonostante questo è previsto un ulteriore taglio di 322 milioni all’istruzione superiore e un aumento delle tasse universitarie.
Tutto questo per dire che se il divario tra ricchi e poveri si allarga nella splendida Francia, figuriamoci cosa succede in Cile, paese sotto l'influenza statunitense falsamente ritenuto il più stabile politicamente e il più prospero dell’America Latina.
La verità nuda e cruda è che oggi a Parigi come a Santiago si lotta contro tutta una serie di misure, volte a colpire il ceto medio e le fasce meno abbienti di popolazione, dettate da un modello economico neoliberista di taglio del welfare e di precarizzazione del lavoro che prende il nome di flessibilità. Un modello economico voluto dall'Unione Europea evidentemente orientato alla polarizzazione della ricchezza tramite il taglio delle tasse ai ricchi, all'elitarismo e all'indebolimento culturale della grandi masse, che vedono restringersi sempre più l'accesso ad un elevato grado di istruzione al fine di essere più facilmente controllabili.
Per decenni le generazioni precedenti alla nostra, i così detti boomer (coloro nati o vissuti durante il boom economico), hanno vissuto una fase di espansione del capitalismo in cui alla popolazione veniva concesso un benessere che mai si era visto prima, ma da un po' di tempo la musica è cambiata. Venuta meno una serie di condizioni che hanno consentito l'esistenza del così detto capitalismo democratico tipico delle socialdemocrazie, oggi stiamo attraversando una fase di progressivo imbarbarimento del capitalismo che sta avendo delle pesanti ripercussioni tanto sulle grandi masse di persone quanto sul clima. A tal proposito è recente la storica condanna da parte della Corte dei Diritti Umani delle Filippine, il paese più colpito da catastrofi climatiche, di circa 50 multinazionali responsabili dei cambiamenti climatici.

Perché Francesi e Cileni stanno lottando anche per noi?

Le politiche generalizzate di taglio ai servizi del welfare e di indebolimento culturale sono fortemente volute dall'Unione Europea, tanto che il Commissario al Mercato Unico Thierry Breton ha dichiarato: «la Commissione Europea giudica necessarie tutte le riforme che bisogna portare avanti in tutto il continente, e in particolare questa» con riferimento alla riforma francese delle pensioni, caricando egli stesso gli esiti di questo scontro tra la piazza ed il governo francese di una valenza che va oltre la tematica pensionistica e i confini nazionali.
Si tratta della fine conclamata del welfare, lo Stato Sociale, che ha risollevato l'economia europea nel dopoguerra e che ci ha fatto considerare amico il capitalismo stesso. Oggi il capitalismo ha perso la sua maschera paternalistica fintamente rivolta verso l'orizzonte del progresso umano. Quello che conta è il profitto, o meglio ancora l'impulso egoistico di ottenere un vantaggio anche a danno della collettività, cosa che prima non avveniva perché il benessere generale seguiva i criteri dell'efficienza paretiana1.
Ne consegue che la resistenza del popolo francese e cileno non è contro singole misure, ma è contro un processo economico che riguarda l'imbarbarimento del capitalismo in tutto il pianeta e che quindi tocca da vicino anche noi italiani che, non vivendo sulla Luna, siamo chiamati inevitabilmente o a subire le medesime politiche o a opporvi resistenza.

1In economia si raggiunge l'efficienza paretiana quando non è possibile migliorare il benessere di un individuo senza peggiorare quello di qualcun altro. Questo principio non ha valenza redistributiva del benessere, nel senso che un individuo può anche avere il 99% del benessere e l'altro l'1%, l'importante è che l'aumento del benessere del primo individuo non comporti la riduzione del secondo e viceversa. Tutto il dopoguerra è stato caratterizzato da questa condizione, per cui le disuguaglianze sociali non pesavano, ma oggi questo modello è saltato ed il miglioramento del benessere di pochi può essere ottenuto solo a discapito di molti altri. Per maggiori approfondimenti clicca qui.

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