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venerdì 3 giugno 2011

Referendum: lasciate decidere alla leadership!

Gli Italiani sono ancora incapaci di valutare e votare secondo il volere del Governo che è sicuramente giusto ed infallibile, ragion per cui è stato necessario approvare il decreto legge omnibus che impedisca a questo popolo impaurito dal disastro di Fukushima e del tutto privo di “un'opinione pubblica consapevole della necessità di tornare all'energia nucleare”, di compiere una grande sciocchezza votando “SÌ” al referendum del 12 e 13 giugno. Il Governo Berlusconi, che più di tutti nella storia d'Italia ricorda a chi lo critica di trarre la sua legittimazione dal popolo, non considera più il popolo il vero ed unico sovrano nel momento in cui la sua volontà possa essere contraria alle decisioni parlamentari, considerate indiscutibilmente giuste perché assunte da una maggioranza del Parlamento guidata da un leader carismatico che in virtù del suo carisma sta nel giusto, indipendentemente anche dalla morale e dall'etica corrente che, se in contrasto con “il giusto”, vanno rimodellate e rese conformi. È quello che sta avvenendo, oggi, con la riforma della giustizia e il sostegno di quella parte di cattolici secondo cui ormai da un po' di anni è meglio essere donnaioli che bestemmiatori, sperando di non doversi rimangiare la parola qualora Silvio Evergete cominciasse anche a bestemmiare. Quello che legittima il Governo non è più il popolo sovrano, ma il carisma con la sua lungimiranza intrinseca di cui il popolo è manchevole per definizione.
Il decreto legge Omnibus, contenente le norme che avrebbero dovuto vanificare il referendum sul nucleare, è il finto passo indietro del Governo che rimanda “ad un anno o due” ogni decisione in merito al nucleare, nell'attesa speranzosa che le acque si calmino e l'elettorato acquisisca, grazie alla propaganda che intanto sarà fatta, il bisogno indotto di ritornare al nucleare. Questo decreto è stato solo l'ultimo stratagemma escogitato per non far raggiungere il quorum a nessuno dei quesiti su cui gli Italiani saranno chiamati a votare nel referendum del 12 e 13 giugno. Tuttavia, grazie alla decisione della Cassazione di accogliere le ragioni avanzate in ricorso dall'IdV e sostenute anche dal Pd di mantenere il quesito sul nucleare, spostando la richiesta di abrogazione alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare, i quesiti del referendum saranno ancora quattro: l'abrogazione della legge che prevede la privatizzazione del servizio idrico, l'abrogazione della norma riguardante la possibilità da parte dei privati di ricavare profitto dalla gestione dell'acqua, l'annullamento di ogni piano di ripristino del nucleare in Italia e dulcis in fundo l'abrogazione del legittimo impedimento permanente, escamotage adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri per non comparire in udienza penale durante la loro carica. Separare il referendum dalle elezioni amministrative è sicuramente stato lo stratagemma più costoso per non far raggiungere il quorum, perché ha comportato una spesa aggiuntiva per i contribuenti di circa 400 milioni di euro, mentre spostare la data del referendum all'ultimo giorno utile è stato il più infimo, perché si è puntato anche sulla voglia d'estate e di vacanza degli Italiani per abbassare l'affluenza alle urne.
A questi stratagemmi va aggiunto l’informazione assente o manipolata da parte delle televisioni e dei giornali, che se ad esempio da un lato affermano come la privatizzazione dell'acqua riduca gli sprechi, dall'altro non informano che dove la privatizzazione è già partita (Agrigento, Angri, Latina, Sarno, Scafati etc...) le tariffe sono già quintuplicate e i servizi sono sempre più scadenti. Dopotutto, se l’esercizio della democrazia diretta da parte dei cittadini non fosse così ostacolata da una politica corrotta e fallimentare, non si spiegherebbe come mai, nonostante il referendum sia uno dei più efficaci strumenti che la nostra democrazia ha a disposizione per dare vita ai principi di sovranità popolare sanciti dal primo articolo della Costituzione, in tutti i referendum che ci sono stati negli ultimi 14 anni non si è mai raggiunto il quorum. Tra il 1974, anno del referendum sul divorzio, e il 1995, su nove referendum solo uno ha raggiunto il quorum (referendum sulla caccia). Da quel momento la situazione è peggiorata ulteriormente, perché dal 1997 al 2009 su sei referendum nessuno raggiunge il quorum. Oltre che dagli ostacoli della politica, l'astensionismo referendario è anche spiegato dal progressivo allontanamento della presa dei partiti sulla società e dal disgusto dei cittadini, provocato dagli innumerevoli scandali grandi e piccoli che hanno costellato sia la prima che la seconda repubblica. Il disinteresse delle persone in risposta al degenerare della politica, però, non deve ritenersi una scelta vincente, perché innesca un circolo vizioso che aggrava la corruzione e la decadenza del nostro bel Paese.
Dalla nascita dell'istituto referendario ad oggi, in pochi altri casi gli Italiani sono stati chiamati alle urne per decidere su un qualcosa di così determinante per il nostro futuro come nel prossimo referendum del 12 e 13 giugno. Questo è il reale sentore di come siano tesi i tempi in cui viviamo e di come si stiano polarizzando gli interessi in gioco: da un lato vi sono gli interessi particolari di un'imprenditoria senza scrupoli disposta a lucrare su di un bene fondamentale come l'acqua ed un qualcosa di estremamente distruttivo e antieconomico come il nucleare, dall'altro lato il cittadino, il lavoratore, l'uomo e la donna comune, che si aggrappano alla propria dignità e alla speranza di poter vivere in un mondo sano in tutti i sensi, i cui spazi di libertà vengono sempre più ridotti.

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