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domenica 12 maggio 2024

Commemorando i moti cilentani del 1828

 

Immagine rievocativa dei moti cilentani del 1828

“Fra il mestiere di ladro e quello di rivoluzionario io scelgo quello che conosco meglio...”
James Coburn nel ruolo di John H. Mallory in “Giù la testa” (film cult del 1971)

Era il 1828 quando dei briganti, ladri, carbonari e rivoluzionari decisero di imbracciare il fucile. L’aristocrazia ed il latifondismo dominavano incontrastati in tutto il Cilento, il popolo era soffocato dalla monarchia assoluta di Francesco I di Borbone. L’effimera Costituzione del 1820, su cui il Re aveva spergiurato, era ormai solo un ricordo che la Santa Alleanza avrebbe voluto cancellare. Quella Costituzione rimasta in vigore una manciata di mesi era stata solo un contentino dato per il timore che la rivoluzione potesse attraversare il Regno e abbattersi contro l’aristocrazia, timore svanito appena gli informatori e consiglieri del Re assicurarono che non vi era “nessun pericolo di rivoluzione”, ben che meno da parte dei cilentani, popolo rurale di pastori e contadini analfabeti da ammaestrare con frusta e manganello.
L’insurrezione invece cominciò nel Maggio del 1828. L’iniziale manipolo di ribelli ottenne subito ampia adesione da parte di nuovi simpatizzanti da ogni località del Cilento. Il problema era la scarsità di armi e munizioni. La notte fra il 27 e il 28 giugno dello stesso anno una nota banda di briganti capeggiata dai fratelli Capozzoli decise di assaltare il forte di Palinuro pensando di trovare 1500 fucili, dodici cannoni e abbondanti munizioni, ma non fu così: il forte era quasi del tutto vuoto. L’insurrezione proseguì con la proclamazione di un governo provvisorio e la richiesta della costituzione francese. Il Re reagì duramente affidando al maresciallo Del Carretto il compito della repressione che fu brutale. Non mancarono intere località spazzate via dalle cannonate, pene di morte senza processo e teste mozzate esposte sui pali da monito per chiunque altro avesse voluto ribellarsi.
Oggi noi vogliamo ricordare quell’episodio non solo perché siamo cilentani, non solo perché ne ricorre l’anniversario, ma soprattutto per ribadire che quando una classe dirigente è stagnante inevitabilmente si allontana dal popolo e allontanandosi persegue altri interessi che non sono quelli che è stata chiamata a difendere per il bene della comunità.
Le democrazie liberali per uscire da queste situazioni hanno a disposizione lo strumento delle elezioni, indipendentemente dal numero di elettori chiamati al voto, siano essi poche centinaia, come nel nostro caso, o più di un milione. In questo risiede il senso della partecipazione della lista Valle dell'Angelo Futura alle elezioni che si terranno tra un mese anche nel ridente paese di Valle dell’Angelo nel cuore del Cilento.

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