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martedì 28 maggio 2019

La Sinistra: concause di un fallimento



Di Angelo Minelli

Analisi di contesto di una sconfitta

Lega, primo partito d'Italia al 34,33%: un successo che porta Salvini a baciare il rosario in conferenza stampa per ingraziarsi quel segmento di elettorato del Sud che apprezza le aperte manifestazioni di fede, approfittando così del momento politico favorevole per continuare a fare campagna elettorale, proclamandosi al contempo unto dal Signore. Ora la destra complessivamente sfiora la maggioranza assoluta con il 49,58‬% con i due partiti in crescita, Lega e Fratelli d’Italia, particolarmente propensi ad assorbire idee, linguaggi e militanti appartenenti al fascismo del nuovo millennio.
A queste elezioni europee hanno votato 709mila elettori in meno rispetto alle europee del 2014, dove la sinistra radicale ottenne il 4,03% grazie soprattutto alla spinta greca di Syriza che a queste elezioni si è esaurita, lasciando spazio all’ambientalismo e al sovranismo.
Il Partito Comunista sembra invece rafforzarsi, anche se di poco, particolarmente legato all’esperienza del socialismo reale sovietico e dalla struttura monolitica tipica di un classico partito ottocentesco, permeabile all’autoritarismo.
Per la sinistra radicale a livello nazionale questa è stata più che una sconfitta, non pare infatti esserci alcuna possibilità di ripresa: qualsiasi donna o uomo che si riconosca nella sinistra radicale, nel guardarsi intorno in questo momento non vede altro che macerie.
Come si spiega l’attuale contesto?

Lo spirito del tempo

Potrebbe essere lo Zeitgeist, l’incontrastabile scorrere dello spirito del tempo che tutto travolge e contro cui ogni resistenza individuale o organizzata è sempre stata vana. Se fosse questa la spiegazione si potrebbe solo attendere il naturale corso degli eventi che presto o tardi porterà la storia a ripetersi e speriamo non con la drammaticità che ha caratterizzato il XX secolo. È tuttavia possibile che esistano altre cause di natura più concretamente analizzabile, che implicano errori politici e in questo caso non resta che andare alle radici del problema.

La scarsa visibilità mediatica

Al di là di ogni ipotesi di complotto, di certo non aiuta ad avere visibilità improvvisare un progetto politico un mese prima delle elezioni. Per avere visibilità bisogna fare notizia molto prima della campagna elettorale con iniziative territoriali e nazionali. Soprattutto i media locali saranno ben felici di avere materia prima per i loro notiziari e questo potrebbe consentire una presenza costante e continua per il proprio elettorato e oltre. Chiedere maggiore visibilità con il cappello in mano o presentare ricorso all’Agcom sotto le elezioni è una scelta perdente. La visibilità non si cerca ma si crea.

Come aiutare i propri avversari

La scelta di creare un progetto politico sotto le elezioni, mobilitando gli attivisti nella campagna elettorale nei modi tradizionali, ottiene solo il risultato di aumentare l’affluenza alle urne perché vivacizza il dibattito politico e informa delle elezioni, ma non riesce a dare un quadro convincente dell’alternativa proposta che si presenta senza valide basi. Paradossalmente, in caso di elezioni non particolarmente sentite, su cui gli stessi candidati investono poco, per un progetto politico dell’ultima ora la migliore strategia sarebbe non fare campagna elettorale per non incrementare l’affluenza alle urne a favore degli avversari e puntare almeno sul proprio zoccolo duro.

La tematica clou di ogni elezione

È noto che a partire dall’esperienza di Sinistra Arcobaleno, dal dicembre 2007 in poi, per più di dieci anni, il contesto politico di breve termine e l’obiettivo di ottenere un veloce riscontro elettorale, hanno portato la sinistra radicale ed in particolare Rifondazione Comunista a cambiare continuamente contenitore e simbolo, rimescolando le proprie alleanze e cercando di intercettare le tendenze del momento al fine di ottenere un consenso quanto più ampio e veloce possibile.
In ottica di marketing elettorale, così come il grande tema delle europee del 2014 è stato il caso greco e l’austerity, l’ambiente è stato il grande tema di sinistra delle ultime elezioni europee. Un tema che a partire dall’appello di Greta Thunberg ha spinto i giovani ad avvicinarsi alla politica, fornendo nuova potenziale linfa a Rifondazione, piegata sì alla logica dei comitati elettorali ma che di base fa ancora della militanza la principale forza propulsiva. Il tema clou di questa elezione è stato mancato, in assenza di un collegamento diretto tra l’ambiente e la sinistra antiliberista, non si è saputo collegare in modo stringente e comunicativo la sinistra all’ambiente, mentre i verdi non hanno saputo ben collegare l’ambiente alla sinistra, subendo addirittura l’infiltrazione dall’estrema destra.

Il cane che si morde la coda

Fino ad ora si è ragionato nell’ottica del prodotto da offrire agli elettori e circa il modo in cui presentare tale prodotto con scarsi risultati. Ma questa è la giusta prospettiva con cui fare politica? Così come Rifondazione Comunista è in diritto di volere riscontri elettorali ora e subito, anche gli elettori sono in diritto di chiedere alla politica risultati ora e subito. Rifondazione nella scelta delle sue strategie politiche è vittima della stessa logica che muove le scelte dell’elettorato: l’elettorato non vota a sinistra perché da essa non può ottenere risultati immediati da quella manciata di parlamentari eventualmente eletti, la sinistra e con essa il PRC non fa progetti politici di lungo termine lontano dalle campagne elettorali perché vuole un riscontro elettorale ora e subito. Questa è la logica dell’utilitarismo del voto nella sua essenza e molti partiti politici ne sono vittima non meno degli elettori.

La sinistra ludopatica

Una delle scoperte più importanti nello studio della ludopatia consiste nella seguente dinamica: un ludopatico dovendo scegliere tra 1. la certezza di perdere sicuramente dei soldi e 2. la possibilità di recuperare e vincere dei soldi con il rischio di aggravare la sua perdita di denaro, opta sempre per la seconda opzione. Questa è la stessa logica percorsa dalla sinistra nelle sue scelte politiche. Ci comportiamo come dei ludopatici che nella brama di recuperare consenso ad ogni giocata/elezione attuiamo scelte rischiose che ci fanno perdere consenso. Così come ai ludopatici non piace giocare e perdere in questo modo, nemmeno alla sinistra piace fare politica in questo modo, ma ciò nonostante le stesse scelte vengono reiterate convulsamente come una malattia.

Un partito non partito

Il PRC pur essendo molto più di un comitato elettorale si comporta come tale e questo è causa di problemi. La militanza che accompagna le iniziative territoriali e attrae nuovi simpatizzanti rimane uno dei perni del PRC, sia per una motivazione politico-culturale, sia per la perenne carenza di risorse economiche. Il principale problema che si ha quando un partito si comporta esclusivamente da comitato elettorale, cambiando forma e contenitore secondo logiche improvvisate, è che al momento delle elezioni tutto il lavoro precedentemente svolto nei territori per nome e per conto di Rifondazione Comunista viene vanificato o diventa addirittura controproducente. Questo genera frustrazione e disaffezione che si amplificano al momento della disfatta elettorale.
Così ad esempio è successo al circolo PRC A. Gramsci di Battipaglia, che ha intrapreso un’iniziativa politica prima della campagna elettorale con il simbolo del PRC, dal momento che il simbolo de “la Sinistra” ancora non esisteva. Questo ha fatto si che l’iniziativa politica locale venisse associata “ai comunisti”, portando un travaso di voti al Partito Comunista di Rizzo che in questo modo si è giovato senza colpo ferire dell’iniziativa del circolo locale del PRC.

Se almeno in parte quanto scritto è condivisibile, è il momento di smetterla di dare la colpa dei fallimenti della sinistra (ed in particolare del PRC, ingrediente comune di ogni nuovo progetto politico) esclusivamente alle dinamiche esogene. Questa crisi politica offre l’opportunità di apportare le giuste modifiche al nostro modus operandi. Così facendo forse la nostra personale traversata del deserto durerà meno di 40 anni. Dopotutto ora sono passati solamente 12 anni.

1 commento:

  1. Condivido pienamente l'analisi fatta del perché di una sconfitta politica. Che serva da lezione a quanti hanno sbagliato nell'approccio politico. Un incoraggiamento a chi si è profuso con impegno nel capire ed intercettare le istanze e le esigenze delle elettrici ed elettori. Le sconfitte servono per imparare, mai demordere o demoralizzarsi.

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